Intervista ad Alain Meunier nuovo direttore artistico

All’inizio dell’autunno, il CdA della Scuola ha ratificato le nomine del Sovrintendente Lorenzo Cinatti e del Direttore Artistico Alain Meunier, espresse dal voto dei docenti fiesolani lo scorso maggio. Se per Lorenzo Cinatti è stata un’importante conferma, avvalorata da un elevatissimo consenso, per il violoncellista Alain Meunier si tratta invece del primo mandato. Nato a Parigi, porta a Fiesole la sua lunga esperienza di concertista, il suo entusiasmo e la sua acclarata competenza, che da tempo lo destinano ad incarichi prestigiosi. Professore onorario dei Conservatoires Nationaux Supérieurs di Lione e di Parigi, è anche direttore artistico del Festival d’Entrecasteaux (Var). Dirige inoltre il Concorso e il Festival Quatuors à Bordeaux, e nella stessa città presiede il Pôle d’Enseignement Supérieur Musique et Danse.

Trascorso qualche mese dal suo insediamento, abbiamo rivolto al Maestro Meunier alcune domande:

Cosa l’ha portata a Fiesole?
Strani effetti delle circostanze e di qualcosa di più profondo, che tocca la vita stessa dell’individuo. Mi spiego: un bel giorno un insegnante della Scuola mi ha telefonato per dirmi che ci sarebbe stato il rinnovo della Direzione Artistica. “Perché non ti presenti?”- mi ha detto. Ho risposto: “Tu sei matto!…vivo a Parigi e ho tante cose da fare…”
Pian piano, però, il pensiero della Scuola si è fatto strada dentro di me, ed ha cominciato a collegarsi ai ricordi dei miei esordi musicali in Toscana, all’Accademia Chigiana di Siena. Conoscevo Piero Farulli dagli anni ’60, e avevamo avuto molte occasioni d’incontro e conversazione. Poi (cosa molto importante!) ho parlato della possibilità di un incarico a Fiesole alla mia compagna, che essendo più giovane non ha vissuto con me quegli anni lontani in Toscana; in lei ho trovato una risposta entusiastica, e questa è stata un’ulteriore spinta a farmi avanti.
Allora ho richiamato l’amico docente, e mi sono subito messo al lavoro per stendere il mio programma, dato che restavano pochi giorni alla scadenza per la presentazione delle candidature. Le cose sono andate bene per me, e adesso… vorrei che andassero altrettanto bene per la Scuola! Non lo dico pro forma, ne sono davvero profondamente convinto.
Ieri, tornando da Roma, ho incontrato in treno Andrea Lucchesini, che mi ha ricordato di avermi avvertito, qualche mese fa, che la Scuola ti intrappola… È proprio così, ed è bellissimo: trovo che tutto questo dia un senso nuovo alla mia vita. A 74 anni, che sono un’età importante, mi sento felice di avere l’opportunità di fare qualcosa per la Scuola. Questo per la parte egoista dell’essere umano…

Quali sono i suoi ricordi di Piero Farulli?
Tantissimi. Ricordo Piero cultore di un’arte di vivere, onirico e sognante, che lottava fiducioso che la politica sarebbe riuscita ad assicurare un luminoso futuro alla cultura.
Ho frequentato Piero come insegnante a Siena, abbiamo suonato insieme, sono venuto qualche volta a Fiesole. Qui ho suonato, una volta, anche con Tiziano Mealli, che avevo conosciuto tramite suo padre, durante il Concorso Vittorio Gui, dove spesso ritrovavo Piero a presiedere imperiosamente la giuria.
Inoltre, essendo dal 1988 responsabile del Concorso di Evian (oggi a Bordeaux) -grazie all’appoggio di Rostropovich, che presiedeva ad Evian gli Incontri musicali- ho invitato spesso Piero in commissione, e lo ricordo una volta indignato, perché alcuni giurati che facevano parte di uno stesso quartetto votavano differentemente. “Non è possibile! –aveva esclamato- Un quartetto DEVE avere un voto unanime!”
Avevamo tante discussioni sulle differenti realtà dei nostri rispettivi paesi: per Piero il fatto che io fossi francese e abitassi in Francia era una fortuna invidiabile. In effetti, all’inizio dell’era Mitterrand, c’era stato un periodo molto “italiano”: Massimo Bogianckino direttore generale dell’Opéra, Gae Aulenti che progettava il Musée d’Orsay… Erano gli anni di Jack Lang, un ministro della cultura illuminato. Cercavo di convincere Piero che anche noi, in Francia, avevamo parecchi problemi, ma a lui sembrava un eden.
Avevamo discussioni bellissime e molto aperte, in cui trovavo l’umanista curioso e attento, anche se granitico sulle sue convinzioni in tema di cultura e società.

Quale impressione ha ricevuto dalla Scuola in questi primi mesi?
L’impressione di non essere all’altezza dell’impegno, e non per falsa modestia, ma semplicemente perché è l’impegno ad essere enorme. La Scuola è un “polpo” gigante, con tentacoli da ogni parte: bisogna tentare di avere presto una visione globale e poi, purtroppo –e anche per fortuna– entrare nei particolari. In modo veloce, perché se è vero che il direttore artistico deve assestarsi, è altrettanto vero che deve farlo in fretta!
Ci sono tante difficoltà, e tra le mie debolezze c’è il fatto di non essere italiano: faccio un po’ di fatica ad orientarmi in certi meccanismi e tra le tante sigle (che, per la verità, anche in Francia mi confondono). Bisogna mettersi al lavoro, entrare nel dettaglio, come il contadino entra nella terra con la vanga. Non è qualcosa che mi spaventa, anzi mi piace, e sono disposto a rinunciare a qualche “comodità”. Per esempio alloggio volentieri dentro la Scuola, alla Casa Seri, che è piccolissima ma accogliente. Ed è piaciuta anche alla mia compagna.

Qual è la sua “squadra”?
Ci sono i responsabili dei Dipartimenti, che sono fondamentali come interlocutori di trasmissione delle informazioni e dei progetti, e non intendo cambiare questo. Credo però che dovrò forse formalizzare l’esistenza di un piccolo gruppo di collaboratori: per certi ambiti lavoro con Antonello Farulli, mentre per altri con Matteo Fossi. Sono molto vicino anche a Riccardo Cecchetti, o a Tiziano Mealli, ma non è limitativo… In ogni caso intendo assolutamente superare il momento di divisione che le ultime elezioni hanno inevitabilmente determinato.
Un insegnante, di grande impegno, ha chiesto subito di vedermi e mi ha detto candidamente di non aver votato per me. “Benissimo, era il suo diritto più assoluto!” – gli ho risposto.
Apprezzo la sincerità e credo che potremo lavorare efficacemente su questa base.
Credo che l’interesse comune debba essere protetto, al di là degli “schieramenti” contrapposti: anche altri si erano molto esposti per Lorenza (Lorenza Borrani, candidata alla direzione artistica n.d.r.), una meraviglia d’artista e une grande dame: mi sono informato, ho saputo che era gente in gamba e capace di affrontare con successo vari problemi di fondamentale importanza per la Scuola. Per nessun motivo li avrei sostituiti…
Sono molto contento di lavorare con Giovanna Berti, alla quale sento di poter dare la mia fiducia e dalla quale ricevo suggerimenti utilissimi e competenti e grande gentilezza.
Vorrei anche mettere in moto nuovamente la Commissione Artistica, che immagino composta di personalità esterne alla Scuola, che possano farci avere una visione “da fuori”, così come desidero avvicinare i canali musicali non tradizionali.

La Scuola si prepara alla grande festa di Strings City. Cosa pensa di questa iniziativa? E dei rapporti di Fiesole con le altre istituzioni musicali in città?
Una bellissima iniziativa, in quanto c’è l’unione del posto e dei fatti, anche dei fatti esterni al posto, ma ad esso correlati: la musica sta certamente bene in una biblioteca, anche se lì la normale dimensione è il silenzio (dimensione peraltro fondamentale anche nella musica…). Va benissimo al museo, in mezzo alle opere d’arte, dove offre un ulteriore godimento al pubblico in visita.
La musica è al suo posto dappertutto: la cosa più importante è aver cura di come la si presenta. Credo che la giornata di Strings City sarà bellissima, la Scuola sarà presente con tutti i ragazzi che si sono preparati per questo, e potrà mostrare alcuni dei suoi tanti volti, compreso il mio!
Ho infatti invitato a suonare con me all’Istituto Francese Tiziano Mealli e Giovanni Riccucci: insieme eseguiremo Beethoven e Brahms.
A questo proposito sono contento di aver coinvolto un insegnante del Conservatorio di Firenze ed un professore dell’Orchestra del Maggio, nello spirito di collaborazione con le istituzioni che fanno musica in città.
Ho avuto pochi giorni fa un piacevolissimo incontro con il Direttore ed il Presidente del Conservatorio di Firenze; siamo rimasti d’accordo di attivare maggiori contatti: gli allievi di Fiesole saranno invitati a suonare da loro e i ragazzi del Conservatorio verranno qui da noi. Lo stesso per quanto riguarda le masterclass: ho già dato disponibilità ad accogliere i ragazzi del Cherubini alla lezione magistrale che terrò il 2 aprile nell’ambito del nostro Weekend di musica da camera.
Stiamo anche progettando di unire le orchestre per qualche concerto simbolico… procediamo decisi quanto tranquilli.

Dopo aver attivato i Nuclei delle Piagge e di Sorgane, l’impegno sociale della Scuola si amplia ulteriormente, con l’iniziativa dell’Orchestra Sinfonica Inclusiva… cosa pensa di questi settori di intervento educativo?
Ne penso tutto il bene possibile, come essere umano e cittadino, prima ancora che come musicista… noi, che chiediamo sempre alla società di dar ascolto alle nostre richieste e rivendichiamo i nostri diritti, abbiamo dei doveri nei confronti di coloro che vengono spesso scartati dal gioco sociale, e questi progetti rispondono proprio a questa esigenza.
Si tratta però di un impegno notevole e molto delicato, e qualche volta mi viene l’idea –totalmente sbagliata, lo ammetto- che si potrebbe pensare a due scuole, una dedicata ai musicisti ed un’altra in cui tutti –a cominciare dai musicisti formati nella prima– si dedicano agli altri più svantaggiati, irradiando il loro sapere. Questo come capacità di assumere in pieno la responsabilità di vivere; spesso infatti ci limitiamo a sopravvivere (spiritualmente) e dimentichiamo in mezzo a chi ci troviamo.

In che modo pensa di affrontare le tante problematiche connesse alla vita della Scuola?
In generale, penso che faccia parte del mio impegno alla direzione artistica far di tutto per portare valori positivi ed armonia, anche se qualcosa di quello che verrà fatto non piacerà a tutti. Cerchiamo di evitare le guerre inutili che a volte, per ineleganza o per inavvertenza, producono effetti pericolosi e non desiderati.
Stando un po’ attenti, si può cercare di evitare certe contrapposizioni… bisogna considerare tutto e tutti. Compresi i genitori degli allievi, che vanno incontrati per spiegar loro l’andamento della Scuola e far accettare le nostre decisioni. Se poi, ciò che si è stabilito (tenendo conto delle necessità della Scuola) non viene accolto nonostante le spiegazioni, pazienza, e ognuno per la sua strada.

L’incarico della Direzione Artistica le affida anche la responsabilità delle orchestre della Scuola…
Appena arrivato, se avessi dovuto dar ascolto a certe voci, avrei chiuso l’Orchestra Giovanile, o l’avrei ridotta. Mi ricordo di averne parlato con Andrea Lucchesini, al quale avevo posto l’ipotesi di ridimensionarne l’organico, trasformandola in un complesso mozartiano. Per lui non era una buona idea: l’ho ascoltato senza troppa convinzione, poi piano piano ho incontrato le persone, ho ascoltato le prove e mi sono convinto della validità splendida del progetto. Ero presente all’ultimo concerto a Perugia, il 23 ottobre scorso, ed è stato bellissimo; ovviamente la validità del progetto non dipende dall’esito di un concerto, ma mi sono convinto che l’Orchestra Giovanile sia un valore da proteggere.
La sopravvivenza dell’OGI è legata alla necessità di rispondere a degli inviti, però il rischio è che dal punto di vista didattico sia un po’ come mettere il carro davanti ai buoi. Insomma, cercheremo di incrementare il percorso formativo, affinché sia il più efficiente possibile.
Ho apprezzato moltissimo anche l’Orchestra dei Ragazzi, che ho ascoltato in occasione del concerto del 2 ottobre, in cui si festeggiava la vittoria di Vienna: è un progetto bellissimo, che però dev’essere calibrato sulle esigenze ed i tempi dei ragazzi.
Vorrei poi creare un’orchestra della Scuola… Certo che la Scuola non manca di orchestre!! …ma penso ad una che abbia efficacia come strumento didattico dedicato al Triennio e alle missioni del percorso “professionale” della Scuola, con organico stabile e coerente. In questa orchestra non potranno stare tutti, ma solo coloro che stanno compiendo un percorso accademico.
Comunque, dall’orchestra sulla carta a quella ideale per il nostro progetto ci vorrà ancora un po’ di riflessione.

Qualche novità in vista?
C’è molto da fare già adesso, ma non mi dispiacerebbe immaginare una presenza del jazz, all’interno della Scuola. Non dobbiamo dimenticare che Ravel, Honegger, Stravinskij e tanti altri furono di colpo aperti a questa musica, e vollero approfittare della ricchezza di altri orizzonti… perché non fare altrettanto?